Dentro
il
canto si
nasconde
l’amaro
gergo
della
solitudine
espresso
con molto garbo
da labbra
pittate
di fresco,
le
sbavature
fanno
parte di un tremor incauto
proveniente
dall’ingenuo modo di essere,
innanzi
allo
specchio
e’ facile immaginare
il
nulla
dopo
il
proprio
riflesso,
la
mancanza
d’ombre
e’ forse
segno di una
finzione
voluta
ma non giustificata.
Un
capriccio mai
espresso
trascinato dentro fin dalla prima infanzia,
si
associa con molta disinvoltura all’enigmatico abbraccio
dato ad un esile uomo.
Sul
terrazzo s’intravedono
usignoli
saltare
tra
gocce
d’acqua
provenienti
da una
sottile
pioggia,
leggera
, quasi vellutata
ma
decisa a lasciar l’umido
come
fanno
ora
le mie
lacrime
nel
pensar ai giorni trascorsi nel silenzio.
Nel
soffuso
della
stanza accanto
s’intravede
la luce di candele accarezzare
il
velluto
del tendaggio
voluto
dello stesso colore degli occhi del padre.
La
magnificenza
dei
quadri
conferma
il
buon
gusto per l’arte,
tale
conferma
e’ percepita
anche
dal modo
in cui
accosti
lo smalto delle unghie
alle
decorazioni
impresse
sulla
seta di una
camicia
coreana.
Giunge
all’udito
con molta
prepotenza,
tra
questa
ricercata
beatitudine,
lo
striare
di ferrosi
carri,
esso
riconduce
ai
raduni
nei
cortili
quando
ancor i calzettoni fasciavano le esili gambe;
quando
ancor
le acuti
voci
cantavano
incomplete filastrocche;
quando
le mani
si
univano
e formavano
girotondi
culturali
in
cui al centro
germogliava
il
futuro
immaginato.
Mentire,
ci si
accorge
di aver mentito
e di mentire
ancora,
l’animo
proprio
e’ devoto
ad un corpo
senza
pudore
mostrato
a volte per cortesia
o per piaceri
impropri.
Le
onde
della
vita ti
conducono
a volte
dove i fiori nascono anche senza sole,
dove
le frasi
di un libro
letto
con innumerevoli
interruzioni
evidenziano
un senso
di
nausea,
e’
la rivolta
della
dignità
che
ancor
troneggia
e nel mutismo dell’amore vero
condurrà
nella
verginità
della
purezza.
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