mercoledì 28 novembre 2018

PAG107




Dentro il canto si nasconde l’amaro gergo della solitudine
espresso con molto garbo da labbra pittate di fresco,
le sbavature fanno parte di un tremor incauto
proveniente dall’ingenuo modo di essere,
innanzi allo specchio e’ facile immaginare il nulla
dopo il proprio riflesso,
la mancanza d’ombre e’ forse segno di una finzione
 voluta ma non giustificata.
Un capriccio mai espresso
 trascinato dentro fin dalla prima infanzia,
si associa con molta disinvoltura all’enigmatico abbraccio
 dato ad un esile uomo.
Sul terrazzo s’intravedono usignoli saltare tra gocce d’acqua
provenienti da una sottile pioggia,
leggera , quasi vellutata
ma decisa a lasciar l’umido
come fanno ora le mie lacrime
nel pensar ai giorni trascorsi nel silenzio.
Nel soffuso della stanza accanto
s’intravede la luce di candele accarezzare
il velluto del tendaggio
voluto dello stesso colore degli occhi del padre.
La magnificenza dei quadri conferma il buon gusto per l’arte,
tale conferma e’ percepita anche dal modo in cui
accosti lo smalto delle unghie
alle decorazioni impresse sulla seta di una camicia coreana.
Giunge all’udito con molta prepotenza,
tra questa ricercata beatitudine,
lo striare di ferrosi carri,
esso riconduce ai raduni nei cortili
quando ancor i calzettoni fasciavano le esili gambe;
quando ancor le acuti voci cantavano incomplete filastrocche;
quando le mani si univano e formavano girotondi culturali
in cui al centro germogliava il futuro immaginato.
Mentire, ci si accorge di aver mentito e di mentire ancora,
l’animo proprio e’ devoto ad un corpo senza pudore
mostrato a volte per cortesia o per piaceri impropri.
Le onde della vita ti conducono a volte
 dove i fiori nascono anche senza sole,
dove le frasi di un libro letto con innumerevoli interruzioni
evidenziano un senso di nausea,
e’ la rivolta della dignità che ancor troneggia
 e nel mutismo dell’amore vero
condurrà nella verginità
della purezza.


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