Una
melma
rossa ha coperto il tuo ondeggiar confuso,
frastornato
dal furor innestato al silenzio pazzo
di
un magico e vellutato gioco
da
Te….. inoltrato senza pudore.
Il
velo bianco ti dà di vecchio,
le
bianche mani ti dan di vita poco assorta
in
impegni di scavi e sotterfugi.
Letizia
di uno scarno sonno,
ripieghi
con gesti solo tuoi
verso
la furia indomabile già raggiunta
snervando
allo spasmo le dita di delicati piedi.
L’oltre
di noi stessi t’illudi di averlo impresso
tra
magici e calpestati colori,
mai
impressi su rocce coralline
per
la mancanza di un collante: sangue fraterno.
E
chiudi gli occhi, amore mio,
scortica
con fantasia animalesca
la
fibrillazione che naviga
al
di sotto di una pelle ormai scura dalla vergogna;
ed
ora apri gli occhi, anima mia,
accarezza
la leggenda raccontata da una bocca
dall’alito
dal profumo di gelsomino.
Lo
sbadiglio mi prende nel frattempo,
forse
la magica poesia da te raccontata
è
stata tratta dall’emblema di fantasie incolte e povere di gesti,
come
quando le tue carezze fan proprie le rughe del mio volto
su
di un letto arginato da fieno e ferro.
E’
di sicuro la natura fuori da sorrisi
la
madre del desiderio portatore di un sentito fervore
dovuto
a pallide fantasie
riproducenti
il nostro stato in essere.
Diamoci
del lei, o dolce musa di un passato nel presente,
allontaniamoci
per vendetta dai nostri corpi,
da
una cordura
che ci lega senza essenza,
quell’essenza
non più rossa ma nera dal catrame intriso
in
un gioco chiamato amore.
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