Lo
spazio
annesso tra i tuoi rami,
delinea
il volgare espresso in disegni ricavati da sogni diurni.
La
penna puntata al foglio,
si
contorce prima di esprimersi nel contrasto,
estratto
e ricucito nell’impossibile.
Per
conflitto s’intende lo spessore del tuo parlato in dialetto,
quando
con il suo essere,
deforma il vuoto in multiformi esempi di vita:
giacche
lunghe, in contrasto con minigonne,
esprimono
la ribellione di un vestir borghese uniforme,
imprimere
la propria voce a teste vuote…
non
vi è un innalzo di toni,
essi
sono immersi nell’animo di chi,
solo con il proprio celato scrivere,
ha
dato nel giusto o nell’errore
mode
da gustare come gocce di cioccolata
colate
in pane appena sfornato.
Seguirti
nel tuo infinito,
rotearsi
nell’ingiusto di un bastonato ordine e libertà
donati
dal
tuo sorriso.
Il
ritrovarsi soli perché il sapore della mia carne ti ha stancato;
rivedo
nel riflesso della pioggia un volto
ricoperto
da lunghi capelli,
allungo
le braccia per accarezzarli ma sento il vuoto;
delineo
il passo tra vecchi tombini e scopro
che
essi si sono innalzati
confronto
alla croce che piantai al di sotto dei rami,
tu
unico gestore di un vivere
che
non so proprio come viverlo.
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