Non
ti
giustifico, epidemia d’amore,
tu
non conosci le sofferenze di chi ti ha perduto per sempre;
in
questo vico l’odore dell’umidità è intenso
ed
assorbe tutte le emozioni sussurratemi da gatti spauriti,
le
scarpe ormai logore dal cammino lasciano un’impronta ritmica
per
seriosi insetti filtrati da grate arrugginite,
oh
voi che penetrate nelle viscere della terra,
udite
le vibrazioni del mio animo
e
da esse carpitene il ricordo ancor vivente;
fatene
tesoro, trascinatelo con voi la dove
è
certo che le parole non servono.
Il
mare mi viene incontro,
oh
no! Sono io che vado incontro a lui,
che
faccio, la brezza m’attira,
gli
volto le spalle…,
ecco
ora vedo le protese alture,
testimonianza
di un innalzo del culto della vita
oltre
quella accasciata al suolo,
chissà
se lassù il gergo esistente
ha
la stessa voce di quell’udita dai cuori
mentre
le nostre bocche si sfioravano,
i
panni stesi sovrastano il mio capo
sventolando
la loro freschezza,
i miei indossati sono intrisi di salsedine
ed
appesantiti dagli oggetti ereditati dalle tue mani,
nulla
può separarmi da loro,
in
essi vi è il pegno delle fatiche subite per un futuro,
oggi tradotto in un vuoto assoluto.
Un
gabbiano impazzito mi si adagia tra le braccia
ricurve
a far cuscino,
resto
perplesso, sbalordito ed entusiasta,
nel frattempo il suo candido
piumato,
mi fa
sognar un volo nello stellato universo,
la’
dove
ancor persiste la scia della tua anima.
Follia
di chi resta a coglier le emozioni lasciate in balia delle onde
ed ancor cerca attraverso le sue fibrillazioni
lo
stimolo per condursi fuori dal mosaico
che
da noi unito ha formato
un’epidemia
d’amore.
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