Acini
d’uva
rossa giocano tra le dita,
rotolando
vanno a chiudere lo spazio annesso tra l’angoscia
e
le parole dettate dalla fantasia di una zingara innamorata,
nel
riflesso della luna imprimono il proprio colore…
…..sfracellandosi!!!!,
come
fossero l’antagonista della padronanza,
giustiziata
dal tuo addio.
La
fantasia dell’autunno
emerge
da un prato ricoperto da intrecciati colori
che
fino a ieri conoscevo solo attraverso i tuoi occhi,
il
giovane canto vocalizzato da un’ombra aleggiante nello spoglio,
è
in armonia col fresco vento penetrato dall’uscio rimasto socchiuso.
Avresti
almeno potuto sbattere la porta, così un po’ di polvere
sarebbe
andata a contrastare l’odore emanato dall’antico velluto
con
il quale impedivi alla luce della vita di
penetrare tra noi due.
Che
tristezza ,sei
fuggita
come avevi già fatto
a
volte quando ero bambino,
ma
allora era un perfido gioco
dettato
da streghe appartenenti al mondo del fato.
Ora
mi fai adagiare al supplente di un amore
che
non ho mai imprigionato nel cuore.
L’amarezza
di dover dire:
tra
non molto mi inebrierò di ciò che mi circonderà
solo
attraverso il ricordo,
mentre
mi avvio verso il richiamo di un miagolio,
resto
perplesso dall’improvviso cessar del profumo di terra umida,
esso
penetrava nella mia mente come fosse un richiamo,
le
mani si protraggono dove sentono la tua voce,
ma
la dolcezza appartiene
ad uva bianca.
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