mercoledì 28 novembre 2018

PAG.71




Il sapor del cielo cupo,
penetra nelle mie labbra
dopo aver lavato il cauto demone della solitudine,
 timpani celati al frastuono dal quale vien squarciato,
mentre la sua ribellione è schiava candida.
Avvolto da un brivido corale sento l’ennesimo richiamo,
ed il volteggiar confuso delle idee mi porta la’ dove l’immenso ti fa re.
Incombe nel gelo la ricerca della passione,
sfiorata appena dall’animo di un promettente futurista.
E sento lo scorrere dell’umido tra le idee,
a dir il vero poco convincenti sul come inoltrarmi nel tuo infinito,
ma il voler distogliermi dall’acro della terra
spinge ad espormi senza emozioni calcolate.
Suddito di quella dolcezza con la quale m’ingannasti
mentre la tua ascesa
trascinava nell’incognita l’imperfetto dei lineamenti
scolpiti per ricordo di un passato vissuto nella nitidezza.
Sento il muschio tra le gengive,
ed il propagarsi dei profumi incastonati ad esso,
con elegante miscellanea mi rende saturo ed invidioso
come tu lo eri quando le setole che mi coprivano
erano intrise di quelle emozioni ereditate dai miei Avi.
 Noto l’edera cercar nel vuoto un aggrappo sconvolgente
ed insegnar alla quercia avvolta, che l’esser esile ed aleggiante
è un dono per inebriarsi del tuo volere.
La costellazione determina l’imperfetto termine
vicino all’audace gestione dei sentimenti
lasciando sospirare chi sulla scia del vuoto cerca la struttura solenne.
emerge senza troppa stravaganza il merito dei colori estorti dalle stagioni,
 i riflessi sono vaghi e s’intrecciano all’evoluzione dell’atmosfera
corteggiata dalla stupidità perpetua vivente in me uomo:
catrame del tuo esistere.

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