Esprimere
il
colmo della nostra solitudine
attraverso
l’acqua versata in una brocca da mezzo litro;
dalla
sua trasparenza si nota il trascino di parole soffocate in gola,
mai
espresse per paura di sbragamenti di foci incazzate per i loro bruschi
risvegli.
Vien
deposto con malinconia nell’effervescenza il silenzio che ci assale
mentre
le nostre menti si masturbano a cercar rocce sulle quali depositare
echi
tradotti in versi volgari.
Non
mi hai più mostrato ombre cinesi,
con
le quali esprimevi il teatro in cui, volevi recitare la storia vivente
nella
tua purezza.
Gli
eventi naturali macchiano le onde che si scagliano con debole mandato
su
trafilati sorrisi destinati a gestire un manto erboso bagnato a riva.
Chiudiamo
gli occhi ed immaginiamo la nostra
nudità lavata dal freddo suolo
attraverso
le sue speranzose esalazioni,
esse
si deformano lungo la loro risalita dato l’incontro con il fiato caldo
di
un vergine uomo.
La
tua maturità mi ha portato a vivere un sogno fino ad ora casto,
il
gioco dell’amore paragonato all’entusiasmo del naturale,
ha
fatto si che i nostri timori potessero chiudere la porta al vento ed alla luce
custodi
di chi soffrirà del nostro maledetto incontro.
Rimpiango
il tempo in cui ero un fiore,
rimpiango
il tempo in cui si tentava di strapparmi alle radici
per
gioco o egoismo.
Ora
che sono un possente albero,
elemosino un po’ di quell’amore
mostratomi
da te anima mia
quando
la brocca rovesciandosi
faceva
si che io mi nutrissi della tua essenza
quell’essenza
custodita a volte per timori stolti
in
una brocca da mezzo litro.
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