mercoledì 28 novembre 2018

PAG.17




 Esprimere il colmo della nostra solitudine
attraverso l’acqua versata in una brocca da mezzo litro;
dalla sua trasparenza si nota il trascino di parole soffocate in gola,
mai espresse per paura di sbragamenti di foci incazzate per i loro bruschi risvegli.
Vien deposto con malinconia nell’effervescenza il silenzio che ci assale
mentre le nostre menti si masturbano a cercar rocce sulle quali depositare
echi tradotti in versi volgari.
Non mi hai più mostrato ombre cinesi,
con le quali esprimevi il teatro in cui, volevi recitare la storia vivente
nella tua purezza.
Gli eventi naturali macchiano le onde che si scagliano con debole mandato
su trafilati sorrisi destinati a gestire un manto erboso bagnato a riva.
Chiudiamo gli occhi ed immaginiamo la nostra nudità lavata dal freddo suolo
attraverso le sue speranzose esalazioni,
esse si deformano lungo la loro risalita dato l’incontro con il fiato caldo
di un vergine uomo.
La tua maturità mi ha portato a vivere un sogno fino ad ora casto,
il gioco dell’amore paragonato all’entusiasmo del naturale,
ha fatto si che i nostri timori potessero chiudere la porta al vento ed alla luce
custodi di chi soffrirà del nostro maledetto incontro.
Rimpiango il tempo in cui ero un fiore,
rimpiango il tempo in cui si tentava di strapparmi alle radici
per gioco o egoismo.
Ora che sono un possente albero,
 elemosino un po’ di quell’amore
mostratomi da te anima mia
quando la brocca rovesciandosi
faceva si che io mi nutrissi della tua essenza
quell’essenza custodita a volte per timori stolti
in una brocca da mezzo litro.

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