mercoledì 28 novembre 2018

PAG.16




Dai corriamo!
No! Vai piano!
Dai liberami!
No! Resta!
L’indecisione è il mio simbolo,
la tempra senza scorza è il mio corpo.
Un verme trasparente al tuo cospetto,
una brigata in alta uniforme, la voglia di annullarmi,
mentre inciampando cado
nel vischioso fascino emesso dalla suola delle tue scarpe.
Raccolgo il soldo lasciato da te cadere
e lo getto sullo sputo di gatti inferociti.
Catturo l’occhio storto con il quale osi rubare
l’immagine riflessa da cocci di bottiglie
ormai vuote del loro candore.
S’apre il sipario e tutto tace,
si stringe un po’ la cinta e tutto ride.
Si ritorna con entusiasmo a ricercar quel sasso
che nell’ora tarda,
scalfì l’alluce poco protetto di un selvatico indovino.
Il frastuono è degno dei plausi
dati a sommi conoscitori d’intestini lucidi dalla fame,
il silenzio sul quale è posato è massiccio in quest’angolo di Terra
e quindi si è smesso di dar cazzotti allo schifo lasciato,
tanto il tutto è ripagato quando i polpastrelli non riescono più
a condur musica su quegli strumenti,
accordati in tempi strani con malizia.
Sento al di sotto delle ghiandole salivari,
lo strano pizzichio lasciato da pane nero,
in quanto erede non alato fu legato ad Elastici Paradisiaci.
Immaginami ora nel caldo vortice di un abito da sera,
cucito con le sete che nel domani dei sogni riunivano i tombini,
dove nel risveglio del presente ricerco ciò che persi
quando abbandonai gli occhi azzurri della mia dolce prateria.
Mi sento sporco, ho voglia di lavarmi,
mi tuffo in te Regina,
mi risveglio e…
sono un Angelo.

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