L’albero
delle
croci…
Materassi
spinti a forza
deprimono
l’eleganza con la quale esso emerge
tra
erbacei emananti strani aromi,
con
ombre stilate si combatte per carpirne i loro spazi.
Ed
il profondo sonno rilega il puzzo d’abiti male indossati
a
carezze date da foglie ricoprenti barbe incolte.
Le
vibrazioni provocate dal passaggio di pensieri,
omogenei
ad un silenzio incolto,
non
aiutano il respiro ad inalare polline di malva.
I
bottoni di una giacca trovati in tasche altrui,
vengono
deposti alle radici fuoriuscite
quasi
a dire per l’eterno:
legata
allo scuro sarà l’illusione d’uomini senza veli.
Ed
il rialzo del mattino è assetato di vita,
il tempo è breve per colmarsi del bisogno,
sul
ferro della cinta un’altra tacca va a segnare
il
tempo trascorso in terra sapida;
le mani son pronte a tendersi sul riflesso di
vetri chiusi,
nei
quali è celata la paura di un rispecchio d’anima.
Ed
or comincia a pungere il bianco nevischio,
inutile risveglio per la sporca cute,
lo
spago che ferma i mocassini
è
ora di legarlo stretto alle doloranti caviglie,
la
poca lana custodita nel caldo grido del proprio paese,
andrà a coprire il freddo mento,
tremante dalla paura di non poter nel futuro
giorno
cibarsi
dell’acerbo frutto.
Eppur
mi vanto di te,
palude,
quando assorbi il respiro degli angeli,
così
facendo il fuoco che t’innalza fino alla superficie dei sogni,
trova
il peccato celato dal grigiore di pianti nati da perversioni.
Entusiasmato
dal cambiamento del tuo colore
di
fronte a menti povere di capacità terrene,
provo
ad immergere in te le dita dei piedi,
il gelo le contorce quasi a rifiutare il loro
volere,
ma
l’uomo che le gestisce mostra la forza e la volontà di rinascere
anche
nel rifiuto di una contorta Italia.
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