Quando
la
voce non ha volto,
ma
la sua essenza t’inebria del conforto mancante,
socchiudi
gli occhi alla ricerca del suoi misteriosi colori,
vorresti
riconoscerti in quella dolcezza sconosciuta
e dai canto al vento con parole senza senso,
il
corpo trasuda emozioni inumidendo i libri sui quali sei salito
per
innalzare le tue ragioni fino all’inferriata
che
divide la saggistica dal concreto.
T’accorgi
d’avere il naso lungo,
quando
la pioggia battente su cristalli innaturali,
attira
la tua attenzione riflettendo il volto sugli stessi,
sporchi
da fumi di candele solitarie.
Estrai
da un’improbabile tasca la stoffa crescente,
con
essa cancelli le ombre che opprimono lo spazio
interposto
tra la timida gioia innata nel silenzio
e
le vertigini sacrosante provate dall’alto dell’amaro amore,
esso
omogeneo agli indirizzi fasulli,
tradotti
dagli spartiti lasciati lì incompleti,
da
musicati d’altre terre.
Il
sonno prende la mente solitaria
portandola
con sè
nella luce emessa dal tuo sguardo
ed
il viaggio ha inizio senza l’aiuto del profumo
ormai
stanco di un timido gladiolo,
anch’esso
ammonito della sua nascita improvvisa
tra le rosee orchidee di paese.
Il
cammino, lento sotto le pronunciate ringhiere,
fa sì che si possano ben osservare
i distinti indumenti appesi per il prossimo
asciugarsi delle fatiche
strumentalmente
inventate,
nel
segno di un bagliore futuristico
deciso
al non morire delle donazioni d’altri.
Ha
piovuto parecchio in questo deserto d’atmosfere mistiche,
l’ormai
fertile contrasto tra la demagogia inflitta
ed
il versatile volere, consapevoli del non futuro,
si
amalgamano tra i lieviti di un pane musicante per poche orecchie
ed
un vino acetato da salivanti sorsi di non comune gente.
Un
corpo da passeggio,
così è descrivibile l’isolata forza protratta
verso il fermo luogo
in
cui la dignità lavorativa dà all’umile uomo
l’inimmaginabile
forza per estrarre da barattoli vuoti
le
sarcastiche frasi celate a monte d’entità superbe
per
il misero in terra.
Ma
l’odio sarà decorato ed incorniciato
nell’arieggiante atmosfera regnante in quel
tempo,
rimasto
dietro le persiane che ora si vanno a calare;
così
nell’immediato essere sarò un sordomuto
climatizzato
dal gioco di un riflesso.
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