mercoledì 28 novembre 2018

PAG.32




Un cane senza osso si sfama delle leccate del vicino gatto,
campanili che suonano la fine del giorno
quasi si vergognano di avere un suono così cupo.
Bicchieri caduti lasciano i loro tagli
in moquette puzzolenti di sudore,
il borotalco affronta gli scritti coprendo dolcezze senza verbi,
lingue accartocciate danno poca elasticità a frasi
rubate ad anime perverse
proprio quando in lontananza sentivo il profumo del vino buono.
Le mani non si aprono in tasche piene di ruggine diversa,
molto diversa da quella da me scrostata dal marciapiede,
da tempo ormai non più percorso
dato che, su quel blocco di cemento,
il vellutato sapore della vita non si è mai stancato di passarci.
Nel correre perdo ciò che servirebbe al mio tormento,
e calpestando la musica con la quale gestisco
le onde che formano il mio volto,
mi pento.
Non serve un viaggio per danzar del tempo speso invano
se la bocca impastata non è riuscita ad assaporare
 il sapore da te nascosto
sotto la pelle fradicia ormai dei troppi scandali sanguini.
Respiro il tuo profumo,
 l’unico che del mio essere è riuscito ad esternare
la poca dolcezza gettata con fatica
in bicchieri fradici di te Anima;
Anima appartenente a vesti che non mi sono mai appartenute,
perché calpestavo terra artificiale
perduta da uomini poco lavati di quelle esperienze
presentate loro dal giorno in oscuri bordelli di cristallo
che tremante descrivo con la bocca impastata di vino buono.


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