mercoledì 28 novembre 2018

PAG.35



 Ramo tu abbattuto
emani resina su ombre che ti trafiggono indifferenti,
passeggiando nell’intreccio di un variopinto catrame
amalgamato a suole di nobili signori,
distaccarle dalla forza del putrido è certo categorico
al fine di segnar strada per il rimorso del fatto.
E si rivolgono gli occhi alle spalle di cortecce senz’anima,
accarezzando con misera eleganza
 il restante colore di un cuore inciso.
Statuaria è la bellezza del tronco
dal quale il figlio ha carpito solo l’innesto
tra radici e l’amaro d’argille speziate,
l’indifferenza allontana i corpi
mentre le esalazioni avvolgono con disgusto
 il senso dell’olfatto.
Lacrime bollenti sciolgono gli acidi saponi,
che hanno lavato le già lucide vie erbacee,
lacrime di profumi inebriano carta,
spedita per auguri lontani.
Lacrime di linfa concimano lo spazio annesso all’intelligenza
ed il poggio dei piedi.
Coronarsi delle gesta di magnifici futuristi,
sentire il fervore
con il quale affronteranno il passaggio di carrozze
 trainate da liane in ritirata,
annerirsi del loro cammino
mentre raspano il restante polline conteso,
stremarsi dalla gioia con la quale baciare
 uno ad uno i nuovi nati tra lo sterco,
assaggiare con delicatezza l’essenza
data dal sottile risveglio di frutti immaturi,
tremare di nuovo all’udir del canto di sconosciuti fratelli alati,
liberarsi ora di quel nodo che in noi ha vissuto,
alimentando le poche gocce di resina lasciate da ombre
ricordandoci di chi erano.
Distrarsi solo un poco
quanto basta alla nostra nudità
di bagnarsi ancora di rugiada.

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