Ramo tu abbattuto
emani
resina su ombre che ti trafiggono indifferenti,
passeggiando
nell’intreccio di un variopinto catrame
amalgamato
a suole di nobili signori,
distaccarle
dalla forza del putrido è certo categorico
al
fine di segnar strada per il rimorso del fatto.
E
si rivolgono gli occhi alle spalle di cortecce senz’anima,
accarezzando
con misera eleganza
il restante colore di un cuore inciso.
Statuaria
è la bellezza del tronco
dal
quale il figlio ha carpito solo l’innesto
tra
radici e l’amaro d’argille speziate,
l’indifferenza
allontana i corpi
mentre
le esalazioni avvolgono con disgusto
il senso dell’olfatto.
Lacrime
bollenti sciolgono gli acidi saponi,
che
hanno lavato le già lucide vie erbacee,
lacrime
di profumi inebriano carta,
spedita
per auguri lontani.
Lacrime
di linfa concimano lo spazio annesso all’intelligenza
ed
il poggio dei piedi.
Coronarsi
delle gesta di magnifici futuristi,
sentire
il fervore
con
il quale affronteranno il passaggio di carrozze
trainate da liane in ritirata,
annerirsi
del loro cammino
mentre
raspano il restante polline conteso,
stremarsi
dalla gioia con la quale baciare
uno ad uno i nuovi nati tra lo sterco,
assaggiare
con delicatezza l’essenza
data
dal sottile risveglio di frutti immaturi,
tremare
di nuovo all’udir del canto di sconosciuti fratelli alati,
liberarsi
ora di quel nodo che in noi ha vissuto,
alimentando
le poche gocce di resina lasciate da ombre
ricordandoci
di chi erano.
Distrarsi
solo un poco
quanto
basta alla nostra nudità
di
bagnarsi ancora di rugiada.
Nessun commento:
Posta un commento