Com’è
debole il carattere di un uomo
innamorato
della bellezza del tuo volto,
con
lui viene trascinato ogni senso dentro quelle espressioni
con
le quali traduci gli attimi in un tempo non più esistente.
Amore,
Amore
mio,
cosa
mi trafigge quando odo quella voce
respinta
in mille angoli dal ghiaccio che ci circonda,
il
sarcasmo è parte di un essere consapevoli
dell’essere
unica per quel fato.
Le
dita delle mani s’intrecciano ad un sogno
mentre scolpiscono in terracotta lavorata la
voglia di Te.
I
capelli si adagiano alle spalle nude di un corpo che non c’è,
proprio
quando la canzone dell’incontro
vaneggia
nell’aria esalando dolci profumi.
Il
ridere delle poche frasi non dette
ma
incise nella confidenza preziosa di bugie color ruggine
per
occhi che non più vedono.
Non
so come stringerti o male,
sei
immenso nei confronti della debilitata forza mia
rispetto
al chiudere le palpebre
in
un orgasmo che non mi appartiene.
Annodo
ora i tuoi capelli ad un eterno
essere
legati alle soglie di un destino
il
quale mai è stato inciso nel freddo di piogge primaverili.
Amore,
Amore
mio,
è
ridicolo il disegno configurato chiudendo le cerniere
proiettate
dal tuo corpo,
dimenticando
l’essere stati un’unione divina
dentro
un solo corpo;
ed
ora il freddo raggela l’intreccio d’aliti
i
quali si saggiavano attraverso il comunicare di sogni
strumentati
dal desiderio di stringere
il
brivido delle nostre carni.
Mi
manchi in ogni istante,
mi
rammarico dei baci in bocca che in tarda età
non
ho ricevuto dalle tue labbra,
mi
perdo senza il tuo sguardo
e
senza di esso non trovo più l’istante
di
essere un figlio adagiato al non volere.
Amore,
Amore
mio,
enorme
amore
per
una madre eterna.
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