mercoledì 28 novembre 2018

PAG.03




Com’è debole il carattere di un uomo
innamorato della bellezza del tuo volto,
con lui viene trascinato ogni senso dentro quelle espressioni
con le quali traduci gli attimi in un tempo non più esistente.
Amore,
Amore mio,
cosa mi trafigge quando odo quella voce
respinta in mille angoli dal ghiaccio che ci circonda,
il sarcasmo è parte di un essere consapevoli
dell’essere unica per quel fato.
Le dita delle mani s’intrecciano ad un sogno
 mentre scolpiscono in terracotta lavorata la voglia di Te.
I capelli si adagiano alle spalle nude di un corpo che non c’è,
proprio quando la canzone dell’incontro
vaneggia nell’aria esalando dolci profumi.
Il ridere delle poche frasi non dette
ma incise nella confidenza preziosa di bugie color ruggine
per occhi che non più vedono.
Non so come stringerti o male,
sei immenso nei confronti della debilitata forza mia
rispetto al chiudere le palpebre
in un orgasmo che non mi appartiene.
Annodo ora i tuoi capelli ad un eterno
essere legati alle soglie di un destino
il quale mai è stato inciso nel freddo di piogge primaverili.
Amore,
Amore mio,
è ridicolo il disegno configurato chiudendo le cerniere
proiettate dal tuo corpo,
dimenticando l’essere stati un’unione divina
dentro un solo corpo;
ed ora il freddo raggela l’intreccio d’aliti
i quali si saggiavano attraverso il comunicare di sogni
strumentati dal desiderio di stringere
il brivido delle nostre carni.
Mi manchi in ogni istante,
mi rammarico dei baci in bocca che in tarda età
non ho ricevuto dalle tue labbra,
mi perdo senza il tuo sguardo
e senza di esso non trovo più l’istante
di essere un figlio adagiato al non volere.
Amore,
Amore mio,
enorme amore
per una madre eterna.

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