mercoledì 28 novembre 2018

PAG.15





Da vetri ingrigiti
ammiro i contorni di gonne dipinte
dai riflessi di un sole prossimo al tramonto,
mentre accarezzo il velluto che dà sollievo
alle rughe delle mie mani,
elemosino il confine di questo giorno
passato senza bere un goccio d’acqua,
essendo sapiente del boccone che soffoca la gola.
Il corpo disteso ondeggia al passare del caos indiscreto,
forse così sordo da non udire più neanche se stesso.
E sogno il mare, un mare tanto forte da accarezzarmi
anche se son racchiuso nell’ansia di un mancato abbraccio.
Come mi manca lo scrivere in cuori fertili
frasi dalle quali anche l’ultimo elemento in vita ne traeva amore,
è indegno il tempo nei confronti della mente,
vorrei mordere l’astratto con il quale si è approfittato del mio corpo,
per dargli ad intendere il rammarico espresso
nel buio di questa stanza.
Attraverso lacrime cadute dall’azzurro dei miei occhi ti parlo
e con sollievo noto il tuo sorriso
incespicarsi in un non so che dire;
non indignarti, dolce compagna del futuro;
sono pronto ad avvolgere la mia anima
in uno di quei pezzi di stoffa,
nel quale il sole rifletterà la vita.

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