mercoledì 28 novembre 2018

PAG.27



Mi stringi in un tango tra veli ricoprenti l’intera sala,
di un fantastico ma piangente castello
giochi con frasi fatte vibrandole ai miei lobi,
dai quali pendono sospiri celati alla tua strafottenza;
il vortice cattura le lacrime, esse addolciscono il sudore
di chi circonda le note stonate di questo momento.
L’abito che indossi emana un odore acre,
esso è rimasto intriso nel tuo ultimo viaggio
in terre in cui la vita marcia è l’unica esalazione esistente;
nei tuoi occhi si legge chiara la forza con la quale le erbe magiche
cicatrizzavano piaghe oggi ricoperte
da finissime sete comprate senza troppi scrupoli
per adempiere ad uno scopo ben preciso:
farmi girar la testa tra ampolle di cristallo.
I passi sicuri non s’intrecciano,
le tue gambe accarezzano la leggerezza della musica,
come i miei piedi vanno ad improntarsi ai solchi
lasciati dal vomito di guerriglia urbana
stipulata dal macabro: essere figli di…..
un niente vissuto nella peste di piccoli quartieri,
creati con la certezza del proprio essere per sempre
 il nudo della comunicazione umana.
L’inchino è d’obbligo nei confronti di un largo scialle
quando in esso il corpo smette d’aver il calore
della febbrizzante mania della ricerca,
gli sguardi s’incrociano innalzandosi al dominio
mentre gl’indici sottolineano
l’orlo merlettato scucito,
certo non dal lucido delle scarpe dato il suo superbo candore;
probabilmente le mani protese dalla pedana
 tracciavano la loro presenza attraverso piccole ruberie,
come ad esempio sottrarre i cotoni
che univano quelle sottili stoffe fluorescenti.
Prima che alle nostre spalle il velluto pesante
dava il tonfo di chiusura,
il ricordo di un’immagine celestiale
 fa sì di ricordarci l’atmosfera in cui mi baciasti al sapor di vino,
ma il vento ora spettina il nostro sorriso,
accasciato al fiato vi è un misero lenzuolo
pronto a fasciar l’orgoglio della sete di un giovane santone,
doniamo alle sue labbra il confetto dello sposalizio
tra l’impotenza della carne ed il putrido del vizio…….
il bianco del dolce impasto,
si ricopre di rosso come il fiocco emergente
dalla cinghia del sandalo calzato
lo stomaco si stringe dal dolore infertogli
quando dagli occhi dell’immagine viene proiettata la tenda
 in cui il ballo tra la polvere e l’acqua ha inizio,
come la sensazione sentita dalle mie mani carezzanti il pianto tuo
nel volo della vita
speso per una nota mai suonata.

Nessun commento:

Posta un commento