mercoledì 28 novembre 2018

PAG.31




Un’ora destinata a giustificare l’esilio di un madido foulard
tatuato da impronte di bocche che mai hanno baciato
destini briosi e caldi.
Grinzose stoffe riflettono i loro colori in quella seta proveniente
dalla fattezza d’impercettibili dita.
E’ delicato il tragitto che l’ha adagiato su quel collo sconosciuto,
ciò ramifica strafottenza
su croste d’ignoranza di forze nate da macabri risparmi,
mentre i pianti irrigano altre piantagioni
che d’organico hanno solo l’oltraggio al pudore.
Resta imbavagliato ed oscurato il lamento,
i satelliti non percepiscono i nei di carni orizzontali
alimentate dai rifiuti di fogliami anch’essi destinati alla non rugiada.
Il curioso avviene nei viaggi nobili in cui il celato
è oggetto d’orgasmi saporiferi
e la mente porta a scrivere di linguaggi poco chiari,
ma di sicure melodie suonate in tormente di silenzi.
Le forbici ritagliano l’oscuro volto
elemosinante di sfondo la timidezza di un’alba splendida.
Gesticolo con l’indefinito quasi fosse un morse dialettale,
rilego le risposte con risorse di spaghi sconosciuti.
Davanti all’orizzonte l’arcobaleno è pallido
ed il grido dei colori s’immerge nel sommerso del cerchio,
dove incontra nuove bocche da pittare;
i denti mordono l’ansioso tempo
 rimasto a compagnia di sandali non calzati,
pur essendo stati salvatori di calzini,
asciugati su pietre laviche.
Il fastidio è deprimente,
quando si sente nello stomaco il pugno dell’angoscia
che non trovando sbocchi tra stolte menti,
si rifugia nelle vene di uno specchio bronzato
per riflettere a bocche di crateri spenti
la vita non vissuta d’anime smarrite.
E’ frastornante vedersi proiettati in schermi racchiudenti,
un istante prima,
immagini di terre stordite dalla nudità,
ma la delusione avviene quando lo specchio riflette i miei abiti
che a parte l’odore sono per l’assoluto
il nulla.


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