mercoledì 28 novembre 2018

PAG.84


I

l messaggero del tramonto
filosofico, scarno, burbero e malizioso,
prepotente solo con chi snobba l’infanzia
presente nella luminosità delle stelle
fragili compagne di un’assurda convivenza.
Timidamente il suo rossore
immerso nel celestiale circondario
troneggia tra le salivanti nubi, madri di futili veli,
essi corollari di antiquati venti.
Aleggianti frasi compongono il mosaico,
rappresentano per difetto un dialogo sofferto,
lasciato nell’abbandono più assoluto,
castigo per eremiti costretti a fusioni secondarie.
La nobile gestualità degli astri
è arte proveniente dalla fusione di giochi d’ombra della terra,
giocosa assai con chi le solletica
l’Essere la regina dell’immenso.
La ricerca di un secondo fine aiuterà,
quando avverrà la fusione
tra l’incompreso erbaceo e la polvere astrale
sollevata dal cammino di maestosi cervelli.
Esempi stilizzati appaiono contornati da frenetiche corse,
su facciate cementizie.
Cime di roccia nera sono impresse a lama,
vi si spingono contro maestose ali,
quasi a volerne tagliare parti per secche zone
in cui le voci sono attutite,
quasi soffocate.
I ghiacci sono lo specchio in cui si riflettono maledizioni
verificatesi a causa delle ingenuità carnali,
le età si annullano lasciando posto alla stupidità del sentimento
anche il nudo più assoluto trasuda di calore,
raggi lunari trafiggono le tenebre
 fino a far ribellare la cristallina anima,
essa da sempre china ai principi nati e scritti
 per il messaggero dell’alba,
detestante, impenetrabile,
vivo e capriccioso.

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