mercoledì 28 novembre 2018

PAG.29




L’espressione toccante di un volto crudo
in cui approdo con la perversa mania di scoprirlo;
vi c’immergo le dita, quasi a deformarlo
scoprendo che esso assume la somiglianza dell’animo
quando ricerca nel vuoto acidi pronti alla cancellazione
d’antichi profumi.
Profumi dediti alla libertà prima di statuarsi in mostre da musei.
Le ragnatele ricoprono gli spazi tra i tuoi arti,
 conferma di un mancato passaggio d’esseri astratti come me,
è la luce emessa dalle candele a scaldare i marmi
posti sotto ginocchia di legno d’ebano.
Gli echi sono indigesti e rimbombano nello stomaco
come le preghiere fanno nel peccato;
 a stento s’intravede traccia
di una pur sommaria ricerca della conoscenza;
tra la poca pulizia di queste gradinate subentra in noi
l’impotenza della volontà,
essa fa sì d’essere convogliati in un tunnel oscuro,
dove s’incontra la giusta ribellione all’immoralità d’altri esseri,
 sicuramente superiori alle forbici taglienti,
propense a ritagliare induzioni da dizionari
scritti su postumi d’ignoranza.
Descritto con affanno l’immortale gioco dell’inganno,
con il quale si alimenta l’apocalisse
di un mai più incontrarsi tra le arterie sommerse dagli asfalti,
vado a convincermi contro un muro di spine,
che forse immergervi dentro i desideri celati
sarebbe risolutivo e sarcastico nei confronti di cera bianca
disciolta per lavare appunto le tue ginocchia.
Vedo lo scialle nero allontanarsi dai miei bisbigli,
esso di sicuro con un corpo inesplorato
si porta fin dove il verde dei tuoi occhi vede,
mentre l’anima sconcertata si adagia al mio macabro pensiero
di veder il nudo del tuo corpo
disteso accanto al fiato di un pagliaccio moribondo.
Credo di sentire delicate ed umide foglie
cadere sulla punta del naso,
con la spinta del vento vanno ad esplorare
ciò che resta dello sporco di un corpo abbandonato,
si rigirano nella mente immagini,
 è un continuo tormento, è l’insonnia,
che determina a volte il cammino mai effettuato,
le menti forti ti fanno loro, pronte a trasmetterti la verità:
era tutto un sogno.

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