Filaccioso
erbaceo
modellato da un vento caldo,
t’intrecci
al pensier contorto di un misero mercante.
Ottuso
è lo spazio annesso tra il canto
e
l’omogenea voce sospirata
per
la vendita di scrostati e putridi indumenti,
questi
sono intrisi di sudori multietnici
ma
il puzzo li accomuna.
Il
peso adagiato al suolo asseconda la fatica,
ma
il viscido che inzuppa il poco cuoio,
rende i piedi deboli perché si possa
sopportare
la
luce fino a sera.
E
si dedica al dolce fumo di un sigaro stortato,
il
succo di un frutto sacro
all’animale
che trascinerà il resto di un giorno
nello
schiumoso dire di gente frastornata.
Piove
sul contrasto di una verità pudica,
piove
sul fango che ha osato sporcare
il
lucido dei tuoi mocassini,
piove
sulla nullità assoluta di quei gesti
mostrati
a scarni giardini,
piove
dalla forma inverosimile di te
rosa
d’inverno.
Il
senso buono è calato sul burbero fare
di
uno stolto uomo,
proteso
alla rivolta,
contro
chi inibisce ai profumi di impregnarsi a saponi
intrisi
sì di falsi colori,
ma
poveri di volontà al lavar le carni d’altri.
L’unità
tra l’umido della natura
ed
il marciume di strafottenze umane,
fa
sì
che il tuo sonno non avvenga,
dopo
le mostranze d’infiniti e magici rispecchi,
o
vellutata, ma nera
rosa
d’inverno!!!
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