mercoledì 28 novembre 2018

PAG.73




Orizzonti in cui il sarcasmo domina la fragilità della fanciullezza,
ci si rispecchia mostrando la naturale voglia
 d’essere maturi per gli incerti amori
ma quando l’espressione riflessa
domina i colori del nostro vedere,
gli sfuggiamo per rifugiarci nell’anonimato.
È la timidezza padrona di un momento
risultante poi determinante per il futuro,
lasciarsi dominare dall’impossibile,
l’inconscio ciò c’induce a fare,
pur tenendo nel palmo della mano la linea della vita molto lunga.
Avrei voluto salutarti quando la demenza
mi spingeva ad ignorare il tempo a disposizione
per raggiungerti alla fine della corsa verso l’astro a te più vicino,
ma non ho avuto il coraggio di guardarti in volto
l’elemento principale era il bagliore dei tuoi occhi
 rivolto alla luce di un’alba
nascente alle spalle della strafottenza.
Il gergo con il quale si sente esprimere parole d’addio,
non appartiene certo al corvo curioso, portatore di un dir,
da parte dell’elemento distruttore di questo confuso amore.
E’ passato il tempo,
 i calzoni vanno corti e la scarpe imbarcate si son raddrizzate,
la tettoia si piega dal frutto della vite,
massaggiandomi i volto sento il ruvido dell’uomo,
s’apre tra il fogliame rampicante la porta del passato,
 da essa s’affaccia l’energia della verità,
è coperta dalla veste indossata nel trascorso
da un animo celato dall’orgoglio,
tolgo dalla brace la lama lasciata a forgiare,
con essa mi aiuto a far strada per raggiungerla,
mentre mi avvicino sento il profumo delle gardenie
opprimere l’aria nella quale navigo ciecamente
alla  ricerca di ciò che la mente custodisce dal tempo delle ciliegie.
La pioggia cadente rende la rocciosa via luminosa al chiaror del tuo sorriso
in esso l’elegante bocciolo di rosa vorrebbe immergersi
per denudarsi del suo corposo senso.
Sento il cigolio di ferraglia avvicinarsi alle mie spalle,
voltandomi scopro che si tratta del nascere di un  germoglio
appartenente ad una trascorsa primavera
cresciuta alle estremità di un immaginario vivere per te,
anima innocente di questo peccato,
trascinata in quest’eremo reale dall’urto tra la giostra della vita
e la stupida evasione di un mondo parallelo al restante desiderio
di averti mia come l’orizzonte appartiene
all’orizzonte che i tuoi occhi vedono.

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