Lo
zingaro
sapiente ha unito l’erba magica al tuo sospiro,
casto
gesto dell’infamia,
approfondito
hai tra i cori dei tuoi ranghi
la
canzone furibonda nata senza pudore e senza riso;
ricoperto
d’ori finti,
t’inoltri
tra il siepato marciapiede per ricercar il fungo stolto
nato
da spore perse dal calpestio di comuni genti;
detesto
l’abbaglio di falsi occhi,
denuncio
al mio infero e malinconico essere la tua sapienza.
M’incammino
a venirti incontro,
melodioso
silenzio contornato dall’incalzar voglia di vita,
assaggio
a poggiar bocca sulle tue dita
il pistacchio di un gelato ormai sciolto,
da
esso esala profum
di rosa, l’indimenticato della tua pelle.
Lo
zingaro continua con passo geloso
e
pondera la perdita d’inermi e strani amori,
gestendo
l’orgoglio, rotolando la figura tra fumi,
sapori
di strani unguenti,
ribollenti
dal calor
del tuo sottile animo.
Germoglio
nato dal secco ramo,
sei l’ultimo timore di una luce interna
all’odio
per
la vita non vissuta nell’infinito viaggio
di
un celestiale pensiero.
Una
tempesta di polvere desertica
precede
l’arresto innanzi ad un accampamento già
formato,
fucili
sparano contro cerchi
formati
dalla colonizzazione di strani intrecci di lingue,
il
maciste della situazione
si
conferma capo supremo di una preghiera
mai divulgata per paura d’oltraggio
nei
confronti di coloro che il tempo l’hanno lasciato
a
chi il sapor dell’ostia possa ancor confermare
per spirito
che
il color del proprio cuor solo chi lo ha sempre gestito,
riesce
a deporlo nelle fresche primavere dell’infinito.
Zingaro
azzoppato spingilo tu il carro
ora
che l’asino si è inginocchiato, respira dei suoi affanni,
inclina il capo in cenno di saluto
nei confronti di un leggendario mandato,
rammenta
quando l’abbraccio sapeva
di
carne puzzolente di sudore,
dovuto al tremito del giorno.
Respingere
in un presente qualsiasi,
il
tramandato della malinconia di non esserci
per
potermi ancor
rantolare
in quel granuloso spazio vissuto
solo
per sentirti anche mia dolce vita;
ma
quale vita se la vita ancor permette di aleggiare in te
Zingaro
dell’esistenza,
ma
quale esistenza se accanto ad una profumata ninfa
sei
lì a legger le carte
di
un tarocco soleggiante.
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