mercoledì 28 novembre 2018

PAG.95




Un saluto alla corte del puritano
fuggito nel baglior degli stenti, sono rivestito di stracci
essi appartengono ad un’epoca
di cui non ricordo voci, suoni, amori...,
hanno fodere pesanti di umori, segno del trascorso tempo.
Il freddo letto mi ospita
 come una conchiglia accoglie il suo mollusco.
I datteri tra i denti
danno sollievo all’amaro delle frasi sconnesse
pronunciate nelle preghiere,
il rifugio è fragile,
il vento ne prova la consistenza accarezzando i colori di cui è dipinto
essi si trasformano al suo passare adeguandosi ai riflessi
innati nelle caste lacrime.
Che pazzia comunicare con l’angoscia, l’ansia,
in loro ritrovo ogni volta scorci del vissuto…..
troppo in fretta, troppo giovane,
mi manca ora nel maturo essere
come i graffi sulla pelle dopo aver rubato petali di rosa.
E’ ormai tempo di tastare alcune parti di cui sono formato,
mi attengo alla memoria,
essa raffigura nella mente una pelle liscia,
giovane, quasi vellutata,
ma non trovo riscontro,
saranno le ruvide mani o lo sporco e le rughe dell’età
che non mentendo mi portano nell’ampolla del giusto.
La fregatura passa inosservata
mentre i sospiri si fanno udire anche dal sogno della sera,
ci si sdraia su del frumento
mentre ancor per una volta tutto viene cancellato
dal succube vento.

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