Un
saluto
alla corte del puritano
fuggito
nel baglior degli stenti, sono rivestito di stracci
essi
appartengono ad un’epoca
di
cui non ricordo
voci, suoni, amori...,
hanno
fodere pesanti di umori, segno del trascorso tempo.
Il
freddo letto mi ospita
come
una conchiglia accoglie il
suo mollusco.
I
datteri tra i denti
danno
sollievo all’amaro delle frasi sconnesse
pronunciate
nelle preghiere,
il
rifugio è fragile,
il
vento ne prova la consistenza accarezzando i colori di cui è dipinto
essi
si trasformano al suo passare adeguandosi ai riflessi
innati
nelle caste lacrime.
Che
pazzia comunicare con l’angoscia, l’ansia,
in
loro ritrovo ogni volta scorci del vissuto…..
troppo
in fretta, troppo
giovane,
mi
manca ora nel maturo essere
come
i graffi sulla pelle dopo aver rubato petali di rosa.
E’
ormai tempo di tastare alcune parti di cui sono formato,
mi
attengo alla memoria,
essa
raffigura nella mente una pelle liscia,
giovane,
quasi vellutata,
ma
non trovo riscontro,
saranno
le ruvide mani o lo sporco e le rughe dell’età
che
non mentendo mi portano nell’ampolla
del giusto.
La
fregatura passa inosservata
mentre
i sospiri si fanno udire anche dal sogno della sera,
ci
si sdraia su del frumento
mentre
ancor per una volta tutto viene cancellato
dal
succube vento.
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