Ho
gustato
il sanguineo viver d’erbe amare.
Il
fronte verde col suo ondeggiar pungeva forte
gli
estremi del mio voler,
nel
mentre limpidi cristalli andavano a riflettere
il
profondo dei miei pensieri,
solchi
raggelavano il putrido dei contorni.
L’estasi
di rivivere gioiva del veder attraverso l’inverosimile,
i
caldi risvegli tra gelide lenzuola,
anch’esse
incise quasi da fiori,
anch’esse
senza più polline,
perché
già raggelate per riflessi lontani.
Nel
voltarsi le lacrime lasciate cadere sul ghiaccio non hanno senso.
Allor
gioisco al veder goder di strani versi il mio passato.
Corse
nel fermo spazio danno fiato a scritti poveri d’inchiostro,
legacci
di funi stepposi legano ai cerchi della mia schiena
le
mani con le quali schiaffeggiar vorrei la goccia gelida,
nella
quali rifletti il mio egoismo,
ma
nulla distoglie il povero tempo
che
mi separa dal famoso sogno trattenuto in te.
Perdutamente
punisco il vissuto accarezzandoti,
così
a consumar l’eterna vita mia vissuta in una goccia,
a
te terra donata a fruttar d’altre vite
che
tu saprai donar.
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