mercoledì 28 novembre 2018

PAG.30




Ho gustato il sanguineo viver d’erbe amare.
Il fronte verde col suo ondeggiar pungeva forte
gli estremi del mio voler,
nel mentre limpidi cristalli andavano a riflettere
il profondo dei miei pensieri,
solchi raggelavano il putrido dei contorni.
L’estasi di rivivere gioiva del veder attraverso l’inverosimile,
i caldi risvegli tra gelide lenzuola,
anch’esse incise quasi da fiori,
anch’esse senza più polline,
perché già raggelate per riflessi lontani.
Nel voltarsi le lacrime lasciate cadere sul ghiaccio non hanno senso.
Allor gioisco al veder goder di strani versi il mio passato.
Corse nel fermo spazio danno fiato a scritti poveri d’inchiostro,
legacci di funi stepposi legano ai cerchi della mia schiena
le mani con le quali schiaffeggiar vorrei la goccia gelida,
nella quali rifletti il mio egoismo,
ma nulla distoglie il povero tempo
che mi separa dal famoso sogno trattenuto in te.
Perdutamente punisco il vissuto accarezzandoti,
così a consumar l’eterna vita mia vissuta in una goccia,
a te terra donata a fruttar d’altre vite
che tu saprai donar.

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