Mendicante,
con
ginestre sorridi delle soluzioni scarne di filosofia,
tra
le radici di ciò che ti circonda riesci a trovar carezze
ancor
calde di simboli tramandati da resine terrestri,
nei
sacchi neri sprofondi il tuo pensiero
alla
ricerca di una parola di conforto,
in
sacchi colorati ti esprimi,
descrivendo
quel che gli occhi di chi ti circonda cerca di dirti;
profondo
sonno,
donami l’espressione almeno sul viso di quel
che cerchiamo
leggendo
in rifugi cartacei.
L’elmo
che ogni mattino mi copre il capo è poco soleggiato,
ma
nel suo umido ritrovo lacrime vere.
Grazie,
o Padre mio, in te riesco ancora a cullarmi
come
quando le vocali distorte venivano sputate nei miei occhi,
come
quando il bacio della mia vita era ancora sincero,
come
quando la voce mia urlata in ciò che oggi è la mia casa
dava
scandalo a chi non sapeva in quale catino
doveva
versare le proprie lezioni di vita.
E’
simpatico quel freddo che in certi momenti del giorno
lasci
passando vicino alle mie radici.
Ma
non ti accorgi che non cresco più?
Non
ti accorgi che il vento freddo delle notti non mi fa più freddo?
Non
ti accorgi che le mie carezze non vi sfiorano più?
Regalatemi
un elmo pieno di sole…
non strappatemi più i petali.
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