Il
letto di una sposa commisurato ad un padre immaginario,
sprofonda
nel nuvoloso amaro contesto di un volo,
vissuto
prima di una lacrima caduta per l’egoismo del lascito.
Si
stenta a gestire i brividi di un freddo
subordinati
al solo veder un inverno da una finestra ormai lontana…,
la
casa in cui si gestiva tale momento fu
preda di follia,
l’abbandono
di un feudo nato solo dal semplice amore.
Casta
era la gioia innata
e
tramandata su pezzi di carta rubati qua e là,
spregiudicata
era la voglia di dire quale brivido
passava
sulla dritta spina dorsale
di
ogni uomo che provava desideri.
Io
uomo di allora
gestivo
come l’elemosina appena fatta,
il
piacere che si provava,
trattenendo
parte di essa senza dar torti,
a
chi dopo il mio sorriso poteva sentirne
solo
il velato istinto.
Trafiggo
il fumo innalzato dal brucior di sterpaglie
cresciute
ai margini del tempo che fu
da
lontano la sinfonia che piu’ di tutto l’animo mio voleva udir,
ma ad essa non posso scusare l’egoismo
con
il
quale si
presenta
alle tue lacrime;
le
parole
della poesia
le
ha celate,
ma
la sposa impreziosisce tutto con la passione
e
non si
offende,
anzi
si prepara per le danze di primavera,
consapevole
di raccogliere ancora delusioni
fino
ad accogliere il giorno del fato un amore meno stronzo
e
di sicura verginità mentale.
La
coscienza nel bulbo prigioniera anche per un solo giorno,
sara’
padrona delle vibrazioni che sentirà in quel letto
adornato
per sposa,
fa
nulla se dovrà far a meno
del
bacio della buona notte.
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