mercoledì 28 novembre 2018

PAG.100




Il letto di una sposa commisurato ad un padre immaginario,
sprofonda nel nuvoloso amaro contesto di un volo,
vissuto prima di una lacrima caduta per l’egoismo del lascito.
Si stenta a gestire i brividi di un freddo
subordinati al solo veder un inverno da una finestra ormai lontana…,
la casa in cui si gestiva tale momento fu preda di follia,
l’abbandono di un feudo nato solo dal semplice amore.
Casta era la gioia innata
e tramandata su pezzi di carta rubati qua e là,
spregiudicata era la voglia di dire quale brivido
passava sulla dritta spina dorsale
di ogni uomo che provava desideri.
Io uomo di allora
gestivo come l’elemosina appena fatta,
il piacere che si provava,
trattenendo parte di essa  senza dar torti,
a chi dopo il mio sorriso poteva sentirne
solo il velato istinto.
Trafiggo il fumo innalzato dal brucior di sterpaglie
cresciute ai margini del tempo che fu
da lontano la sinfonia che piu’ di tutto l’animo mio voleva udir,
 ma ad essa non posso scusare l’egoismo
con il quale si presenta alle tue lacrime;
le parole della poesia le ha celate,
ma la sposa impreziosisce tutto con la passione
e non si offende,
anzi si prepara per le danze di primavera,
consapevole di raccogliere ancora delusioni
fino ad accogliere il giorno del fato un amore meno stronzo
e di sicura verginità mentale.
La coscienza nel bulbo prigioniera anche per un solo giorno,
sara’ padrona delle vibrazioni che sentirà in quel letto
adornato per sposa,
fa nulla se dovrà far a meno
del bacio della buona notte.


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