mercoledì 28 novembre 2018

PAG.110





Lo spazio annesso tra la piedata e l’odor di edera
vivente nel cementato muro tuo e’ ampio e tenebroso.
In esso il tacco mentre lascia la sua impronta,
rintocca il tempo di un fanciullesco ricordo.
Magici erano i lineamenti di un profilo tenero e sensuale.
Le ciglia di gran lunga superavano la punta di un nasino un po’ all’insù.
Il suono che pochi odono e’ cantico d’emergenza.
Di corsa, graffi e urla innanzi al fato tentano di dar forza
ad un animo ormai privo di preghiera.
Cenere ribelle, sapresti tu accecarmi
se gli occhi miei, ancor prima dell’innalzarsi di un vento candido,
siano stati raccolti da un profondo desiderio di abbracciarti?
Dovrei tornar nell’umile mio momento,
per confermar il mio inginocchiarsi innanzi ad una figura
che tutti credono sia l’apparizione di Maria.
Sangue che scorre in fetide fusioni eco ad una cute
che vuole esprimersi tra il cementizio
ed un velluto poco sapiente di dar calor ad una croce d’ebano.
Distendo nel vuoto separatore incenso ricevuto da un padre
chiamato FORTUNATO.
Egli, tacchetti sottili aggiungeva a suole gia’ consumate;
chi calzava loro, si innalzava e calciava il pallone,
per far sì che esso potesse sfondar la rete.
Ed ora mi ricongiungo con quel suono
a cio’ che accade mentre sento una piedata
ugualmente non in grado di raggiungere la vita.

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