giovedì 29 novembre 2018

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Ciro Bruno
Un poeta contemporaneo nato nel giugno del 1961
nella città di Napoli.
Iniziato allo scrivere dalla spontaneità del suo essere,
descrive immagini ed espressioni con una scrittura
tanto torrenziale quanto aritmica e suggestiva.
La grafica lapidaria sottolinea toni foschi,
pur sempre attenuati con immagini levigate
ed emozioni stupefacenti e nostalgiche.
Nella pluritematicità descrittiva
la concezione della vita è omogenea,
perché le emozioni risultano
tutte stagliate su un fondo melanconico,
innervato da espressioni di forza suggestiva
che sorprende e talora sgomenta.
Concetti originali, stilemi ricercati,
 ridondanze lessicali, sapientemente distribuite,
formano un quadro emotivamente severo e pessimistico
e , tuttavia, profondo e sublime.
La realtà è filtrata attraverso rimembranze psichiche
che tendono a dissolversi in un mondo fatto
di desideri evanescenti.

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mercoledì 28 novembre 2018

PAG.01


PAG.02


Come Vi racconto
il vuoto ha disperso il senso
esso si e’ rifugiato nell’anonimato,
qundi, dar il titolo ad ogni scritto,
credo spetti all’Animo
di ogni Essere,
 che legga oggi o mai
questi libri.

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Com’è debole il carattere di un uomo
innamorato della bellezza del tuo volto,
con lui viene trascinato ogni senso dentro quelle espressioni
con le quali traduci gli attimi in un tempo non più esistente.
Amore,
Amore mio,
cosa mi trafigge quando odo quella voce
respinta in mille angoli dal ghiaccio che ci circonda,
il sarcasmo è parte di un essere consapevoli
dell’essere unica per quel fato.
Le dita delle mani s’intrecciano ad un sogno
 mentre scolpiscono in terracotta lavorata la voglia di Te.
I capelli si adagiano alle spalle nude di un corpo che non c’è,
proprio quando la canzone dell’incontro
vaneggia nell’aria esalando dolci profumi.
Il ridere delle poche frasi non dette
ma incise nella confidenza preziosa di bugie color ruggine
per occhi che non più vedono.
Non so come stringerti o male,
sei immenso nei confronti della debilitata forza mia
rispetto al chiudere le palpebre
in un orgasmo che non mi appartiene.
Annodo ora i tuoi capelli ad un eterno
essere legati alle soglie di un destino
il quale mai è stato inciso nel freddo di piogge primaverili.
Amore,
Amore mio,
è ridicolo il disegno configurato chiudendo le cerniere
proiettate dal tuo corpo,
dimenticando l’essere stati un’unione divina
dentro un solo corpo;
ed ora il freddo raggela l’intreccio d’aliti
i quali si saggiavano attraverso il comunicare di sogni
strumentati dal desiderio di stringere
il brivido delle nostre carni.
Mi manchi in ogni istante,
mi rammarico dei baci in bocca che in tarda età
non ho ricevuto dalle tue labbra,
mi perdo senza il tuo sguardo
e senza di esso non trovo più l’istante
di essere un figlio adagiato al non volere.
Amore,
Amore mio,
enorme amore
per una madre eterna.

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Fuga distorta dei tuoi gesti
nei confronti della luce che ti assottiglia.
Strano paragone vorresti immergere ora con molta furbizia,
nelle gocce a te prostrate.
Trascorre anche il limite,
ma tu ancor non cadi in quel baratro
che in fin dei conti vorresti contenesse nel suo infero
anche l’ultima luce a noi affidata.
Un nome percorre intere generazioni,
il gene può arrestarsi al pronome dei suoi avi,
eppur la fuga può con il suo silenzio
riportarti nel presente del mio essere;
perché sarà solo in me che tu riconoscerai il figlio tuo.
Ed il padre mio resta incantato dal veder gioioso
lo scritto con il quale racconto il vivere del tempo,
in cui il sudore dei nostri corpi si assomiglia.
Ed or che al di sotto delle ginocchia
il pianto si attorciglia alla tua voce,
il brivido mi prende e mi riporta su dal baratro
al cospetto di un’accecante elemosina.
Mi manchi,
e questa è la descrizione di un animo senza di te:
Papà.

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Tremendo schiaffo all’infero del tuo piacere,
corpo tumefatto da salive libere di bruciare
le ceneri bianche di un lustro tempo,
scordato nell’insieme dall’amore.
Severo il tuo biondo nel nero del mio animo,
coprente puzzo al lascito dei pensieri
fa gioire l’estremo del tuo corpo.
Stupida!…
Hai creduto nell’estro di genti ignobili;
non ci conosciamo eppur mi credi,
il sorriso è comunque nell’angoscia,
il saper celar le ombre
ha contribuito all’acre emanato dalle tue vesti
al di sotto dei miei colori.
Un morso soddisfacente il dente più nero
che alle sommità delle carni non ha saputo trafiggerti,
profana il voler dell’animo mio,
quando è in collera con il rosso delle fiamme
MARTE NELLA LUNA _ENTRAMBI  NELLA TERRA
MUSICA NEL SILENZIO _TONFI NEL DESERTO
SANDALI TRA LE BRECCE _AMORI NELLO SPORCO
INTRECCI  DI DITA IN SCHIUMOSE ACQUE _FRAGOLE NEL BIANCO NEVISCHIO
ILENA _ NEI MIEI ATTIMI
nulla di questo accade,
se il gergo tuo non mi appartiene.

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e dedico a te
IN CONCORSO

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gli occhi degli angeli
IN CONCORSO

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una pietra ha colpito il ..
IN CONCORSO

PAG.09



melograno inferocito
IN CONCORSO

PAG.10



l'illeso contorno
IN CONCORSO

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Mendicante,
con ginestre sorridi delle soluzioni scarne di filosofia,
tra le radici di ciò che ti circonda riesci a trovar carezze
ancor calde di simboli tramandati da resine terrestri,
nei sacchi neri sprofondi il tuo pensiero
alla ricerca di una parola di conforto,
in sacchi colorati ti esprimi,
descrivendo quel che gli occhi di chi ti circonda cerca di dirti;
profondo sonno,
 donami l’espressione almeno sul viso di quel che cerchiamo
leggendo in rifugi cartacei.
L’elmo che ogni mattino mi copre il capo è poco soleggiato,
ma nel suo umido ritrovo lacrime vere.
Grazie, o Padre mio, in te riesco ancora a cullarmi
come quando le vocali distorte venivano sputate nei miei occhi,
come quando il bacio della mia vita era ancora sincero,
come quando la voce mia urlata in ciò che oggi è la mia casa
dava scandalo a chi non sapeva in quale catino
doveva versare le proprie lezioni di vita.
E’ simpatico quel freddo che in certi momenti del giorno
lasci passando vicino alle mie radici.
Ma non ti accorgi che non cresco più?
Non ti accorgi che il vento freddo delle notti non mi fa più freddo?
Non ti accorgi che le mie carezze non vi sfiorano più?
Regalatemi un elmo pieno di sole…
 non strappatemi più i petali.